Tratto da una storia vera

” La fotografia e gli oggetti fotografici in particolare, sono stati un sogno per molti lunghi anni, io vengo da un’ epoca in cui chi aveva i lacci per le scarpe era già fortunato.

Ho coltivato dentro di me un desiderio che è cresciuto al punto tale di diventare passione, quella di collezionare macchine fotografiche di ogni tipo e provenienza.

Non sono mai stato un fotografo, non ho neanche mai scattato foto interessanti, per me la fotografia era un pretesto per avvicinarmi alle persone, scambiare due parole, farsi due risate.

Ricordo in modo vivo il giorno in cui rimasi folgorato dal primo fotografo che vidi, alla sagra di paese nel 1952.

Mamma mi vestì a festa, lei era di buon umore ed io mi facevo posto tra la gente attirato dal brusio e dal movimento, mi ritrovai improvvisamente nella piazza e mi intrufolai silenziosamente tra la gente, le risate ed il chiacchiericcio descrivevano una scena teatrale che mi ricordava il circo.

Tutti erano disposti attorno ad un personaggio molto strano, maneggiava oggetti a me sconosciuti ed
i suoi movimenti descrivevano un rituale che andava a concludersi nella scatola con l’occhio di vetro.

Il fotografo si aggirava per il centro seguito da molte persone, simile ad uno stregone attirava tutti a sé grazie al suo carisma irresistibile, metteva in posa i soggetti fermando tutti per un istante.

Mi chiedo spesso cosa sia rimasto di quel modo di intendere la fotografia, la gente apprezzava veramente il lavoro del fotografo, chissà se c’è né ancora bisogno o se tutto si risolve oramai con un post nella voragine dimenticata dei social.

Sono contento di aver vissuto quel periodo storico, anche se dovettero passare molti anni prima che potessi permettermi una macchina fotografica, posso dire di avere compreso valori importanti che mi hanno permesso di apprezzare la vita, la mia famiglia, le mie fortune.

La piccola Elisa mi accompagnava ai mercatini e seguiva tutte le mie mosse da vicino, la portavo con me nel silenzio della camera oscura in un’atmosfera da spionaggio che lei assaporava stupita attraverso la magia della luce rossa.

Avevo dei contatti con i cecoslovacchi che mi procuravano fotocamere provenienti dai servizi segreti, ho condotto trattative fino a sfinire il venditore.

Pezzo dopo pezzo, catalogo dopo catalogo, ho sfogato la mia passione coinvolgendo tutti, per farsi due risate era sufficiente far mettere sotto l’ascella di Elisa, la Polaroid appena scattata.

Adesso è tutto nella mia vetrina, ogni macchina fotografica della collezione ha qualcosa da raccontare, quelli non sono solo oggetti. Elisa è la custode dello scrigno dei ricordi, con lei, Wanda e tutte le altre persone che mi hanno incontrato, ho condiviso la mia gioia di vivere con il pretesto di fare una foto.

Le ho sempre regalate agli amici e clienti, le consegnavo addirittura a domicilio, è una gioia vedere lo stupore di un bambino di fronte ad un piccolo gesto che lascia il sorriso nel cuore.

Una foto non si butta mai, è un ricordo. “

Renato